Il vuoto fertile in Gestalt

Immagina di aver da poco concluso la lettura di un libro avvincente: chiuso il libro osservi le sensazioni che questo ha generato in te e , nel momento in cui stai assimilando l’esperienza che quel libro ha rappresentato, non c’è spazio per fare altro.
È un vuoto che abbiamo conosciuto entrambi, anche in merito a diversi episodi della Vita: l’assenza di stimoli, di bisogni emergenti o motivazioni che ti portino ad andare verso qualcosa.
Così, in modo sintetico, definiamo il «vuoto fertile»: uno spazio in cui non c’è in te alcun desiderio di interagire con l’ambiente poiché stai finendo di assimilare una esperienza e non si è ancora, al momento, palesata la successiva.

«Questo vuoto è fertile poiché da qui puoi creare qualcosa di nuovo…»

Questo vuoto è fertile poiché da qui puoi creare qualcosa di nuovo, andando incontro al tuo futuro prossimo senza ripetere gli schemi che già conosci: ricordi l’esempio del libro appena finito? Osservare senza giudizio le sensazioni che quell’esperienza ti ha portato genera in te suggestioni nuove, impressioni che ti portano fuori dagli schemi e verso un approccio più flessibile e funzionale alle cose.

Facile a dirsi, meno a farsi: nella società odierna c’è poco spazio per l’ascolto interiore, ed emerge invece la tendenza ad andare verso la direzione della performance quotidiana oppure verso quella di soddisfare desideri e voglie che arrivano dall’esterno. Come posso però esser performante al di fuori, ad esempio in famiglia o sul lavoro, se non mi son preso cura di ciò che ho dentro? E come può saziarmi spendere soldi per soddisfare un bisogno che non è realmente mio?

Vivere l’esperienza del vuoto fertile è utile per ridare significato al tuo agire: se vuoi soddisfare un tuo bisogno, il requisito primo è dare a quel bisogno il tempo di emergere (da dentro te) e, per dargli il tempo di emergere, ti è richiesto accogliere un momento di vuoto fertile.
Accogliere quel vuoto che c’è tra una esperienza e la successiva significa che ciò che andrai a fare sarà più arricchente poiché poggerà sulle sempre più solide basi di chi sei.
Accompagnarti a far ciò è una delle attività che animano questo studio: se vuoi restare in contatto, puoi cominciare da qui.
A presto,

 

Un insegnamento tra Gestalt e Buddismo

[Nota: articolo originale pubblicato da Enrico qui]

Un aspetto della scuola della Gestalt ad avermi sempre affascinato è la teoria della Figura-Sfondo.
Questa teoria osserva le esperienze percettive che, con i differenti sensi, vivi nelle tue giornate: da ciascuna di queste esperienze emerge una immagine globale in cui trovi una Figura per te particolarmente rilevante mentre tutto il resto viene identificato come Sfondo.
Nelle tue esperienze percettive avrà quindi maggior risalto una Figura specifica mentre tutto il resto resterà sullo Sfondo: questo poiché la Figura ha più energia dello Sfondo, è in primo piano, rappresenta ciò che in una scena ti interessa.
Lo Sfondo, al contrario, può esser sia tutto ciò che non ti interessa sia ciò che dai per scontato.
Posso farti un esempio?
In questo momento, mentre stai leggendo il mio sito web, lo Sfondo è la sedia che ti sorregge (alla quale probabilmente neanche pensavi fino alla lettura di questa riga) mentre la Figura è l’articolo che, mi auguro, sta catturando il tuo interesse.
Sei tu a scegliere Figura e Sfondo e, in ogni tuo atto percettivo, questa tua scelta cambia il significato dell’atto percettivo stesso.

“Le cosiddette illusioni ottiche sono piuttosto inflazionate quando si parla di Figura e Sfondo in Gestalt …”

Le cosiddette illusioni ottiche sono piuttosto inflazionate quando si parla di Figura e Sfondo in Gestalt (vedi immagine a fianco), per questo vorrei portarti un altro esempio: se ti trovi in montagna e hai parecchia sete, l’immagine di una sorgente (Figura) emergerà per te molto probabilmente dal paesaggio montano (Sfondo).
Questo esempio per dirti quanto l’individuazione di una Figura dipenda da un tuo bisogno ed anche quanto questo tuo bisogno possa esser influenzato dalla Figura: nell’esempio di cui sopra, infatti, la Figura della sorgente influisce sul tuo bisogno nella misura in cui vederla acuisce la tua sete.
Se lì in montagna, vicino a te assetato/a, si trovasse invece un fotografo paesaggista per lui la Figura diventerà la cima da fotografare mentre la sorgente per te così importante cadrà per lui nello Sfondo.

Ricorda:

  • sei tu a scegliere Figura e Sfondo in ogni tuo atto percettivo
  • l’individuazione di una Figura dipende da un tuo bisogno
  • il tuo bisogno può esser influenzato dalla Figura

Bene, fin qui una breve introduzione su alcuni dei concetti inerenti alla teoria della Figura-Sfondo nella Gestalt: e questo cosa ha a che fare con il buddismo di cui nel titolo dell’articolo?

La risposta mi è giunta da una recente lettura che vado qui a citare (link del libro e fonte al fondo dell’articolo): “anche se sei immerso nella sofferenza, l’energia che cura la tua vita è già pronta, è già presente nel regno invisibile delle possibilità. Devi solo attivarla o (come direbbero i fisici quantistici) osservarla per renderla reale, cioè sceglierla, accettarne l’esistenza”.

Potresti quindi, se lo desideri, provare a fare attenzione alle Figure emergenti dagli Sfondi delle tue quotidiane esperienze percettive: a cosa scegli (più o meno consapevolmente) di dare importanza?
Presta attenzione a quali Figure la tua mente metta in risalto rispetto allo Sfondo e chiediti quanto facciano stare bene te o chi ti sta vicino.
Sei tu a scegliere Figura e Sfondo e, in ogni tuo atto percettivo, questa tua scelta cambia il significato dell’atto percettivo stesso: puoi allenare, educare la tua percezione (e le tue emozioni, che la guidano dal profondo) a far emergere Figure piacevoli, benevole, arricchenti.
Ascoltati, osservati: è il primo passo per iniziare a volerti bene.

[Vuoi saperne di più? Trovi qui i miei contatti]

· Fonte del testo nel virgolettato: Giuseppe Cloza – “Lifefulness – La pienezza della vita attraverso il Buddismo” – Ed. Giunti